In ogni architettura esiste un dentro e un fuori, anzi secondo il convincimento dello storico Bruno Zevi un qualsiasi manufatto per essere definito un‘opera architettonica deve contenere uno spazio. Da qui ne deriva che le categorie più studiate nell’ambito disciplinare della progettazione si sono da sempre concentrate sul tema degli esterni – il contenitore – o degli interni – il contenuto – intendendo per quest’ultima categoria gli ambiti abitabili. Ovviamente la relazione tra le caratteristiche dell’involucro e lo spazio interno forma un tutt’uno, cioè l’opera intesa nella sua interezza secondo un rapporto duale ben conosciuto che si estende dall’edificio alla città, come la lettura dei pieni e dei vuoti. Se ciò è vero e conclamato, riveste un particolare interesse per la vita delle persone – e quindi per il progetto – la comprensione di quel particolare spazio indefinito, spesso individuato come “soglia”, che segna il passaggio tra l’esterno e l’interno, come risulta altrettanto cruciale la definizione architettonica di quei luoghi intermedi che costituiscono una categoria a se stante appartenendo di fatto a entrambi gli ambiti.

Per lo spazio domestico e la qualità dell‘abitare “nella” casa risulta pertanto decisiva, quanto apprezzata in termini di valore, l’opportunità di poter vivere anche “attorno” alla casa, secondo una possibile dilatazione dello spazio interno che ovviamente dipende inscindibilmente da fattori climatici e ambientali: più contenuti e opzionali nei climi freddi, più ampi e necessari nei climi temperati e caldi; terrazze, portici, giardini, la cui disponibilità risulta ovviamente correlata alle condizioni economico e sociali di chi vi abita. Lo studio di questi ambiti – e la definizione delle relazioni architettoniche, spaziali e materiche di questi luoghi di connessione o ampliamento delle dotazioni della casa – riveste, per tali considerazioni, un interesse del tutto particolare che merita di essere approfondito proprio per l’impatto che questi elementi hanno sulla qualità della vita di chi vi abita.

Inoltre va detto che le possibilità tecnologiche attuali consentono finestre, aperture e diaframmi vetrati sempre più grandi ed efficienti, sia in termini acustici che termici, rendendo l‘involucro architettonico sempre più etereo, contiguo e interconnesso con lo spazio esterno. Da qui ne deriva che anche le caratteristiche degli arredi e degli accessori debbano corrispondersi in termini formali proprio per effetto di una continuità visiva e d’uso che oggi risulta maggiormente percepibile rispetto al passato. L’importanza di tali ambiti è divenuta inoltre evidente e completamente percepibile a livello globale con l’esperienza talvolta drammatica della recente pandemia e dei forzati “lockdown”, dove si è compreso che “l’espulsione” dall’ambito domestico di molte attività ormai delegate all’esterno dell’abitazione – da quelle fisiche fino allo studio ed il lavoro – ha costituito uno degli elementi di maggior disagio e sofferenza proprio per l’inadeguatezza degli spazi domestici contemporanei. Pertanto un ripensamento complessivo del tema dell’abitare e delle sue molteplici necessità in termini di attività esperibili e spazi disponibili sia interni che esterni, costituisce un’importante svolta culturale che deve essere accompagnata da opportuni studi e sperimentazioni.

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