Il tema della trasparenza in architettura non è necessariamente legato alla materia e quindi all’uso del vetro che, per quanto utile per illuminare un involucro abitabile, è condizione necessaria ma non sufficiente alla smaterializzazione del corpo edilizio. Ciò che risulta indispensabile è piuttosto l’approccio costruttivo puntiforme che si riferisce tanto alla tradizione elastico- lignea – in opposizione alla concezione plastico-muraria dell’architettura – quanto a quelle esperienze che, partendo dal gotico, hanno assottigliato i paramenti, anche lapidei, fino a renderli scheletro di un edificio in cui le membrature quasi combaciano con la traccia statica della costruzione. Ovviamente è più diretto e facile ricondurre tutto all’acciaio e al vetro; ma questi non sono altro che espedienti tecnici e materici utilizzati per raggiungere quegli obiettivi di leggerezza che sono una condizione di progetto puramente compositiva ma che possono produrre al contempo edifici massivi e poco inclini alla trasparenza.

Si tratta, per quest’ultima, di una condizione del pensiero che si traduce in azioni progettuali che permettono di muoversi dentro lo spazio in maniera fluida e vedere magari senza essere visti; di rendere il rapporto tra interno ed esterno meno perentorio considerando il riparo e l’abitare più simile all’esperienza di sostare sotto un grande albero che il rifugio nella caverna.

Se infine accettiamo l’idea che l’archetipo per eccellenza sia riconducibile all’ipotesi di Marc-Antoine Laugier della capanna primitiva e non dello scavo nella roccia, l’ipotesi che l’architettura possa ricercare una propria continuità spaziale fatta anche di trasparenze, e quindi di luce, ci appare connaturata all’idea stessa di architettura. In particolare se lo specifico disciplinare consiste nella progettazione di volumi e spazi abitabili, va riconosciuto che la migliore condizione di esercizio proprio dell’abitare si realizza con l’opportunità di muoversi all’interno di un contenitore, il cui contenuto, lo spazio, è, zevianamente, il vero protagonista dell’architettura.

È intuitivo allora comprendere come, sotto tali ipotesi, la ricerca di trasparenze, di diaframmi flessibili, di riduzione dei paramenti murari al necessario funzionale alla vita delle persone, costituisca un ambito di ricerca centrale rispetto alla pratica del progetto.

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