Ci sono architetture e luoghi che ci sembrano più armonici ed eleganti di altri anche quando si tratta di contesti poveri o rurali, villaggi e borghi di cui non comprendiamo immediatamente la bellezza eppure li ricordiamo per il loro innato equilibrio e l’indiscutibile fascino che è legato ad una retorica (sineddoche) dove una parte – il materiale – è in grado di raccontare ed esprimere il valore dell’assieme – il contesto –. Questa capacità evocativa della materia è in assoluto la forma letteraria più suadente perché riesce a esprimere con un solo codice la varietà delle forme dell’abitare esaltando quelle sottili differenze, quei frammenti di vita e di pensiero, che altrimenti andrebbero perduti nella moltitudine degli accostamenti possibili. Inoltre quando una architettura o un assieme di edifici è realizzato con un solo materiale, l’arte del costruire si avvicina alle arti plastiche e in particolare alla scultura, oppure ad alcune straordinarie opere come i monocromi di Piero Manzoni, i tagli di Lucio Fontana i cretti meravigliosi di Alberto Burri, che molto hanno in comune con i sassi di Matera, con le pietre di Castel dell’Ovo a Napoli, ma anche con le superfici cave e ammattonate di Louis Kahn a Dacca.

La scelta di nutrirsi e muoversi nell’abito della monomatericità, che è giocoforza continuità di toni e colori, può essere del tutto involontaria, come nel caso di città come Lecce dove la scrittura architettonica è indifferente rispetto alla materia che tuttavia trova, nella ripetizione degli stessi cromatismi e nella dolcissima e iterata tattilità della pietra, la modalità per diventare protagonista di un ambito che nessuno potrebbe immaginare diverso da come appare. È il caso di tanti luoghi la cui innegabile bellezza si esercita spontaneamente perché è il suolo circostante, le rocce trasformate in blocchi da costruzione che, plasmate dall’uomo, realizzano un tutt’uno tra artificio e natura, una simbiosi perfetta tra scrittura architettonica – testo – e contesto.

Quella ‘pars pro toto‘ che tuttavia può anche essere intenzionale e utilizzata per affrancarsi dalla terra e dalla natura selvaggia per combattere attraverso l’uso della calce e del bianco l’irraggiamento potente che attraversa il mediterraneo. È l’unicità architettonica di Santorini in Grecia o di Ostuni in Puglia, è il candore dell’intonaco riflettente che allontana il caldo potente del sole.

È una modalità del progetto, quella dell’uso ridotto dei materiali, da cui personalmente non riesco ad affrancarmi assegnando da sempre alla materia e ai materiali una componente narrativa in grado di rappresentare e descrive le intenzioni dell’autore in maniera più diretta e comprensibile rispetto alla fragilità dello stile. La materia è infatti sostanza fisica, è storia e tradizione oppure ricerca assoluta e innovativa, è in definitiva contenuto e non calligrafia di ogni scrittura architettonica.

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