L’idea del “campus” o del luogo protetto per la formazione deriva, più che dagli esempi delle sedi universitarie Europee, da una modalità insediativa di derivazione anglosassone e quindi americana. Il progetto di un campus è in sostanza quello di un parco a tema, nel senso anche letterale dell’integrazione con il verde, di strutture dedicate allo studio e alla formazione. Viceversa in Italia il modello è quello di una città in miniatura dedicata a una determinata disciplina per cui si parla di ‘cittadella‘ della musica, dello sport e il modello di riferimento è quello urbano più che il contesto naturale. Gli esempi più significativi da questo punto di vista sono la costruzione durante gli anni del ventennio della “Città Universitaria di Roma” e nel dopoguerra “Cinecittà”, dove il suffisso città, al di là di una mera questione terminologica, rimanda direttamente all’ipotesi di un assieme ordinato di edifici disposti lungo strade e piazze mentre il carattere tematico o monofunzionale è garantito da una delimitazione del perimetro dell’area. La questione apre quindi verso panorami completamente differenti, come a diversi modi di abitare: da un lato la vita agreste legata alla campagna e quindi a modelli a bassa densità, dall’altro la vita di una comunità che fa della vicinanza e dell’intensità il motivo di interazione sociale e culturale. Tra i due poli esiste poi un’infinita casistica di esempi che muove il progetto in dimensioni interpolate o ibride che dipendono evidentemente anche dalla posizione degli interventi rispetto al contesto. In ogni caso il termine campus rimanda quasi sempre ad una dimensione complessa dell’abitare connessa con la possibilità di svolgere in una medesima area o addirittura in un medesimo edificio molte attività quotidiane oltre la principale funzione formativa: dormire, mangiare, studiare, fare sport, trascorrere del tempo libero. Dal punto di vista “stilistico”, dai primi esempi di fine ‘800 e inizio ‘900 dove l’apparato decorativo e la plastica ornamentale degli edifici esprimevano l’alto livello culturale ma anche sociale dei “college” destinati ai “rampolli” appartenenti a classi più agiate, si è passati ad architetture necessariamente spartane e a basso costo di costruzione e manutenzione, quale specchio di una modalità di comportamento priva di distrazioni e completamente dedicata alla formazione.
Per questa via i materiali pregiati hanno lasciato il posto a finiture minimali e semplici, mentre gli spazi e i diversi ambienti sono diventati maggiormente complessi e interconnessi, caratterizzati da ampie finestrature in grado di permettere una buona illuminazione naturale a tutte le aree (anche in contesti urbani), una necessaria presenza di verde e piantumazioni che rendono confortevole anche l’abitare denso e comunitario. Dal punto di vista dei caratteri distributivi possiamo rilevare che raramente il campus si compone di un solo grande edificio prediligendo l’aggregazione di diversi corpi di fabbrica e la variazione dimensionale degli stessi in relazione all’uso interno. Per questa via lo spazio intermedio tra le parti, se non rimanda all’idea del parco o del giardino si caratterizza per la conformazione di una sequenza di ambiti pubblici che costituiscono non solo luoghi di passaggio ma sopratutto di connessione e aggregazione sociale.
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