Miracolo a Milano
Un bambino segue una carrozza funebre ed entra in una città sospesa tra povertà e modernità, fango e marmi, tristezza e speranze. È l’incipit commovente e suggestivo della pellicola “Miracolo a Milano” che rappresenta una delle più celebri testimonianze del cinema neorealista italiano. Attraverso una sapiente descrizione della capitale lombarda nel dopoguerra, Vittorio De Sica ci restituisce, non soltanto una prospettiva storica che consente di comprendere le condizioni di vita a Milano nella metà del secolo scorso, quanto l’identità di una città da sempre in grado di far “spiccare il volo” ai suoi abitanti, come accade nella surreale scena finale del film. È così, prima da forestiero poi da abitante occasionale, che ho sempre considerato Milano rispetto ad ogni altra città del nostro paese, un luogo in divenire, dove ciò che accade avviene in parziale anticipo rispetto ad altri contesti urbani almeno nel panorama italiano. Dal 2012 poi Milano è raggiungibile in un’ora da Torino e Bologna e, sulla determinante direttrice dell’alta velocità ferroviaria, in un’ora e quaranta minuti da Firenze ed in meno di tre ore dalla capitale politica Roma, per non parlare della sua geografica centralità rispetto all’Europa. Nel 2015 l’Expo ha reso Milano l’epicentro di un confronto internazionale che l’ha proiettata in quella dimensione culturale-globale che ha i suoi riferimenti spazio-temporali nella settimana della moda e del design. Con certezza in Italia, ma a ben vedere anche in Europa, Milano, quale capitale della creatività, consolida la propria influenza dietro l’azione propositiva di istituzioni vecchie e nuove, dalla Triennale alla Fondazione Prada, dal Museo del Novecento all’Università Bocconi, dal rinnovamento della Fiera al Museo delle Culture di Milano (MUDEC), manifestando, attraverso una serie di architetture iconiche, quella progettualità che sembra il suo tratto distintivo – azione del progetto che deriva dal latino ‘projecto‘ cioè letteralmente gettare in avanti. Conseguentemente sul piano autoriale è stata ed è protagonista nell’attrarre tanto per il settore pubblico che privato le migliori visioni in ambito architettonico, da Fuksas ad Herzog & de Meuron, da Rem Koolhaas a David Chipperfield, da Zaha Hadid ad Isozaki, Libeskind, Pei Cobb Freed & Partners e molti altri ancora tra cui gli autoctoni Stefano Boeri, Cino Zucchi, Michele De Lucchi, Antonio Citterio. Tuttavia, a ben vedere, non è allungando a dismisura la pur prestigiosa lista degli allori estesa sul piano delle opportunità internazionali, come l’organizzazione delle prossime Olimpiadi Invernali (Milano-Cortina 2026), che Milano potrà dire di aver vinto la sfida competitiva tra città, quanto nella sua capacità di saper rispondere alle nuove esigenze che la contemporaneità richiede in relazione alla qualità della vita che saprà offrire nel presente e alle future generazioni. Riuscirà Milano ad essere oltre che città esclusiva, città inclusiva e limitare il fenomeno della rendita che porta all’espulsione degli abitanti dal suo perimetro municipale? Potrà oltre l’eccellenza della finanza promuovere i valori della solidarietà e dei diritti? Saprà cogliere, oltre i proclami, la sfida ambientale e rendere compatibile densità ed abitabilità, artificiale e naturale? Sarà in grado di rendere le aree più esterne non marginali rispetto al contesto urbano, in particolare sul piano culturale e sociale? Risponderà efficacemente alla questione del traffico e dell’inquinamento in favore di una mobilità pubblica efficiente e diffusa al fine di ridurre le distanze temporali della sua enorme dimensione extraurbana dove vive la maggioranza delle persone che le gravitano attorno? Saprà essere sicura attuando modelli virtuosi che sostituiscano il controllo sociale al presidio militare? Ma anche le domande – quindi gli obbiettivi – oltre i riconoscimenti pregressi, risultano molteplici per cui non è possibile selezionarle, limitarne il numero o conferire loro priorità stante una complessità di sistema che allude al ritorno del miracolo.
E dove, se non a Milano?
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