Rivista internazionale di architettura e arti del progetto luglio/agosto 2020
Il progetto tra acqua e terra
Da alcuni anni siamo impegnati come studio nel disegno e la progettazione di spazi e luoghi posti al confine tra la terraferma e l’acqua e, che si tratti di fiumi, laghi o mare, il rapporto tra solido e fluido, tra l’immobile ed il fluttuante, pone sempre questioni che spostano il progetto in una terra di confine – la costa appunto – posta tra l’architettura e l’opera di land art.
Difficile dire quale approccio sia più corretto, tuttavia di fronte all’acqua il pragmatismo e l’analisi funzionale lasciano il posto al tema irrituale dell’emozionalità, di luoghi sempre sospesi tra natura e artificio, tra reale – il costruito – e virtuale, quello stesso costruito riflesso sull’acqua e quindi visibile capovolto. A questo si aggiunge lo scontro o meglio, l’incontro, tra la vibrazione delle superfici naturali mosse dal vento e l’immobilità dei perimetri di terra e di roccia che ne costituiscono il limite. Ed è tra queste diverse condizioni esistenziali che si inserisce la presenza di coloro che abitano e vivono questi luoghi in una condizione mediana tra le due, una condizione che pone il visitatore come soggetto mobile muoversi sulla terra ferma e contemporaneamente, di fronte all’acqua concedersi la seducente fissità della contemplazione.
Si tratta di luoghi perimetrali che definiscono spazi massimamente pubblici e destinati alla collettività, generalmente spazi aperti privi di volumetrie e quindi, come ricordato, più scultorei che architettonici, caratterizzati dalla costruzione di punti di osservazione lineari che consentono il passeggio e il passaggio, con sottili movimenti verticali in grado di modellare e collegare il livello dell’acqua – la quota zero – ai rilevati retrostanti.
Ovviamente il disegno e il rapporto con l’acqua cambia radicalmente in relazione alle condizioni naturali di partenza, così come le latitudini di intervento influiscono sulla ricerca dell’ombra o la massimizzazione della percezione della luce e del sole, ma in tutti gli interventi all’architetto è richiesta un‘opera di mediazione tra gli elementi della natura e l’artificializzazione della costa per renderla abitabile e fruibile. Ed è in questa mediazione che si riscontrano atteggiamenti e visioni diverse a seconda che il progetto prediliga l’integrazione tra l’opera dell’uomo e la natura o il suo evidente distacco per mantenere distinta e riconoscibile l’azione premeditata dalle condizioni di partenza.
Solitamente una predisposizione più radicale verso una visione più costruita e paesaggisticamente artificiosa si rende necessaria quando la natura sia stata già modellata rispetto alle esigenze dell’uomo come nel caso di porti, o contesti già fortemente modificati e urbanizzati, mentre una più concreta naturalizzazione della linea di costa si rende possibile quando l’intervento riesce a recuperare e valorizzare ecosistemi ancora pienamente percepibili.
Marco Casamonti
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