Rivista internazionale di architettura e arti del progetto novembre/dicembre 2018

Passato, presente e futuro nell’architettura italiana
Attraverso un cammino fatto di pause e ripartenze la rivista prosegue la propria narrazione sull’architettura italiana d’oggi che, superato l’impasse della mancanza di sistematicità, si muove per accostamento di percorsi diversi in perenne sospensione tra riflessioni critiche ed esempi costruiti. I protagonisti e i contributi non presentano quindi alcun intento gerarchico ne palesano alcuna pretesa di individuare una visione univoca e complessiva, semmai, al contrario – come bene descrive Luca Molinari nel suo saggio Italia per frammenti. Un viaggio tra nostalgia, fragilità e la ricerca di una bellezza imperfetta – evidenziano quanto la produzione contemporanea non sia altro che l’inevitabile riflesso di un ossimoro che si nutre, essendone causa e ragione, della dialettica degli opposti. Siamo un paese di lunghissima tradizione culturale e al contempo una nazione giovane fatta di campanili e campanilismi, condividiamo un territorio fatto di pietre e con una solida tradizione muraria alle spalle che si scopre tristemente fragile e potremmo continuare fino a trarre da tanta diversità e complessità le ragioni di un cauto quanto sincero ottimismo. Siamo infatti a mio giudizio, non per merito, ma per necessità, tra i più preparati, o meglio temprati, rispetto ad una condizione contemporanea che tutto sovrappone e confonde secondo un contrasto tra localismi e circolazione globale delle idee in grado di disorientare e smontare ogni posizione perentoria e assoluta. Ancora senza merito forse, ma certamente per diritto di appartenenza, manteniamo nel tempo la chiara consapevolezza di una catena evolutiva del pensiero architettonico che muove dalla classicità al rinascimento e da questo, a suo tempo massimamente moderno e innovatore ma capace di recuperare il valore dell’antico, la propensione a leggere passato, presente e futuro condensati all’interno di una unica azione compositiva. Questo talento, del tutto naturale in taluni protagonisti dello scenario italiano, è sottolineato da Franco Purini, attraverso la conosciuta finezza critica dei suoi scritti, nell’immagine di Giuseppe Terragni e del suo progetto più atteso: il Danteum. Se a queste note critiche aggiungiamo l’eleganza degli esempi costruiti di Lissoni e Park Associati, o la creatività mediterranea di Gambardella, limitandosi a citare i protagonisti di questo numero di Area, forse l’architettura italiana nel suo complesso potrebbe risultarci meno confusa e contraddittoria.

Marco Casamonti

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