Rivista internazionale di architettura e arti del progetto luglio/agosto 2015
Il tempo dell’ozio e l’abitare
Nella Grecia antica il tempo dell‘ozio, indicato con il termine σχολή (scholè), ovvero l‘attenzione rivolta alla contemplazione, la partecipazione come spettatori alle attività teatrali, sportive, politiche, assume una connotazione positiva legata alla conoscenza e alla meditazione intellettuale condotta, o meglio, riconosciuta come privilegio solo delle classi aristocratiche e dominanti. Erano naturalmente esclusi da questo contesto tutti coloro che svolgevano lavori manuali e faticosi. Differentemente nella Roma classica il giudizio o il valore attribuito al “tempo libero“, o tempo della riflessione e dello svago, assume coloriture diverse; per Seneca, filosofo e autore del Dialogo “De otio“ ancora una volta il termine rimanda all‘idea di una esistenza appartata, non influenzata dalla “corruzione“ dei costumi contemporanei, lo stesso atteggiamento è espresso da Cicerone e da Orazio con l‘invito a cogliere giorno per giorno i frutti che la vita può offrire, viceversa per Catone il vecchio, come è noto, l‘ozio è prodromo di vizi ed è al contrario la causa della perdita di valori che attraversa la società romana anche negli strati sociali meno elevati che potevano accedere alla distribuzione gratuita di generi alimentari e quindi vedere soddisfatti, anche senza fatica, i bisogni primari. Da allora, e con il suo diffondersi nel mondo occidentale e del cristianesimo, il tempo libero e quindi il tempo dell‘ozio è sempre stato vissuto, tranne pochissime eccezioni, con una connotazione prevalentemente negativa o quantomeno contrapposta al tempo del lavoro considerato tanto dalla filosofia marxista quanto dai cultori del libero mercato come il fondamento di ogni esistenza. Tuttavia con il consolidarsi nella società post industriale di standard di vita più elevati la questione viene vissuta in termini assolutamente meno ideologici e il tempo delle vacanze, così come il modo di abitare e vivere il tempo libero, costituisce, fuori da ogni contrapposizione, l‘occasione per specifiche riflessioni che coinvolgono appieno la disciplina dell‘architettura. Questo perché anche il riposo, lo svago, il divertimento, la vacanza, richiedono la ricerca di particolari habitat dove l‘esistenza possa raggiungere quel livello di contemplazione e relax in grado di rinfrancare non solo il corpo ma anche lo spirito. Ecco che il tema della vista, del paesaggio, della vicinanza, tanto al mare quanto alla montagna, ma più in generale alle bellezze naturali o storico artistiche costituisce lo sfondo di case ed edifici dove la vita contemporanea si svolge per frammenti di tempo ricavati tra gli intervalli di un‘esistenza metropolitana più complessa e stressante. Il paradosso è che chi può permetterselo si costruisce ville isolate che effettivamente conciliano la meditazione ed il riposo realizzando un‘abitare diverso rispetto agli scenari urbani, chi invece ha minori risorse o possibilità finisce spesso per abitare anche il tempo delle vacanza in edifici collettivi che riproducono sostanzialmente gli stessi modelli insediativi dai quali si rifugge cercando il riposo. Mentre l‘architettura dovrebbe kantianamente essere aderente allo scopo assegnato.
Marco Casamonti
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