Rivista internazionale di architettura e arti del progetto marzo/aprile 2014
Dagli Appennini alle Ande
L’internazionale dell’iconografia urbana, compreso l’ingannevole risultato dell’architettura dello show buisness, sembra abbandonare l’inutilità dei gesti stupefacenti per rivolgere il proprio sguardo verso temi più concreti e vicini ai problemi dell’abitare e delle differenze ambientali e culturali che dovrebbero caratterizzare, senza ulteriori indugi, ogni seria ricerca progettuale. Probabilmente anche la diffusa crisi finanziaria che ha attraversato negli ultimi anni le economie consolidate svelando una inaspettata fragilità delle stesse, rivela la necessità di rivolgere lo sguardo verso quei paesi e quelle culture che all’eccezionalità antepongono il valore della quotidianità oppure, spinte dalla necessità, privilegiano la risoluzione di argomenti, di attualità in molte regioni del pianeta, quale quello della casa. Per questa via la centralità della riflessione sul progetto si è spostata con decisione dalla vecchia Europa e dagli Stati Uniti o dai paesi che hanno tentato banalmente di emularli, quelli del Golfo in testa verso quelle aree geografiche considerate più laterali e periferiche; zone che d’un tratto si scoprono essenziali rispetto al dibattito attuale e rispetto a un sentire comune che antepone all’immagine artefatta il paesaggio e allo sterile mostrarsi l’esperienza domestica del vivere. In questo senso il ricercato isolamento del Cile, protetto e confinato in uno stretto lembo di terra compresso tra le Ande e il Pacifico, rivela l’elaborazione colta e intelligente di una modernità capace di interpretare tanto il paesaggio, nelle sue differenze e peculiarità, quanto il valore pragmatico e paradigmatico dell’utilità dellìarchitettura. Probabilmente il confronto con l’ambiente naturale appare inevitabile al cospetto di un contesto tanto duro e tagliente per la presenza costante della catena andina, quanto instabile e pericoloso perché sospeso sul terminale di una placca continentale che è causa di frequentissimi e violenti terremoti. Tuttavia tali condizioni al contorno, ancorché evidenti, non sono da sole sufficienti a spiegare l’attualità di una ricerca, quella moderna, che ovunque ha esaurito da molti decenni la sua spinta culturale propulsiva. Evidentemente la sperimentazione di un linguaggio semplice ed efficace bene si contrappone ad un paesaggio complesso e ricchissimo di immagini suggestive e impressionanti, parimenti l’uso di una composizione organizzata sull’articolazione elementare di volumi essenziali risponde in modo appropriato alle esigenze di un paese relativamente nuovo e privo di retaggi culturali che non conosce né il classico, con le sue declinazioni, né l’anticlassico nella sua travagliata genesi, dall’Art Nouveau all’Espressionismo. Inoltre l’appartenenza del Cile al più generale contesto sudamericano ha generato ricerche di straordinario valore sociale e abitativo nel tentativo di rispondere alle contingenze di sviluppare case e quartieri a basso costo in grado di organizzare e gestire la diffusa propensione all’autocostruzione. Da questa esperienza, specialmente in tempi di crisi, si può ripartire e trarre insegnamenti e suggerimenti preziosissimi offerti da una generazione giovane e disincantata di protagonisti di assoluto valore.
Marco Casamonti
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