Rivista internazionale di architettura e arti del progetto aprile 2013
Il colore, ovvero ciò che congiunge e rende visibile la distanza tra calore e odore.
Qualsiasi atto creativo, progetto, disciplina artistica o più semplicemente qualunque esito delle attività umane provoca sensazioni o sentimenti che interferiscono con i nostri sensi sollecitandoli in modo da rifuggire all’indifferenza. Tra questi, gli stimoli indotti dal colore e percepiti attraverso la vista non risultano meno importanti o incisivi rispetto al tatto trasmesso dalla matericità dei corpi, dalla possibilità di stabilire con essi un contatto sensibile e mutevole secondo la loro temperatura; così come risulta decisiva nella vita di relazione, tra noi e gli altri e tra noi e le cose che ci circondano, l’opportunità di riconoscerle basti pensare al cibo attraverso le nostre capacità olfattive e quindi dall’odore che queste emanano. In verità al colore è da sempre riservato un ruolo subalterno, accessorio, scenografico, che si trasferisce e si percepisce anche nell’uso comune del linguaggio dove per nota di colore si intende un fatto o un accadimento non importante che poco aggiunge al senso delle cose, se non sfumature, accenti, pettegolezzi. Ovviamente tutto ciò non ha corrispondenza con la realtà, con il vivere quotidiano, con l’enorme influenza che ha il colore sulla nostra psiche e quindi sui nostri comportamenti basti pensare alla differenza di umore che è in grado di generare la vista di un cielo grigio rispetto all’azzurro luminoso dell’orizzonte. Con certezza tanta superficialità nei confronti del colore si deve al retaggio riservato alle questioni, ai problemi, alle discipline, con le quali abbiamo scarsa dimestichezza e a un basso livello di conoscenza. In effetti il colore è una conquista relativamente recente, un risultato che ha pervaso la contemporaneità soltanto da pochi anni: la fotografia era in bianco e nero, quella d’autore talvolta rifiuta ancora oggi parte di un’espressività misteriosamente celata, la televisione ha iniziato a trasmettere a colori soltanto dagli anni ottanta, pertanto non deve stupire tanta ingenuità o meglio, arretratezza nel trattare l’argomento. Va inoltre sottolineato, proprio sul piano culturale, l’idea che la purezza coincida con l’assenza del colore, cioè con il bianco, mentre colori definiti forti sono simbolo di stravaganza ed eccentricità; viceversa la sobrietà è grigia in quanto medietà che non prende posizione, mentre il nero, cioè l’accumulazione e la sovrapposizione di tutti i colori, è addirittura funereo, simbolo di tristezza e di lutto. Fortunatamente la natura beffa tali luoghi comuni, li rende piccoli e ridicoli come le umane debolezze e quindi il colore, attraverso una generalizzata e rinnovata sensibilità nei confronti dell’ambiente, sembra ritrovare una stagione di nuova vitalità che si riflette nei colori delle terre, degli ossidi, nelle mezze tinte e nei pastelli; non sarà una totale liberazione dalla censura, ma almeno è un segno di ravvedimento.
Marco Casamonti
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